Nuovi modelli viticoli sostenibili grazie all’ utilizzo del compost

Negli ultimi anni, si sta assistendo ad una progressiva perdita di fertilità in molti suoli italiani. In particolar modo, le aree caratterizzate da una viticoltura intensiva e da un uso diffuso della meccanizzazione sono state soggette ad  una sensibile riduzione della sostanza organica.

L’abbandono dei piccoli allevamenti zootecnici, insieme all’uso di soli concimi di sintesi e all’aumento delle lavorazioni del terreno, ha portato, infatti, ad un impoverimento dei terreni viticoli italiani, con  valori di sostanza organica in alcuni casi anche inferiori all’1,5 %.

Una scarsa dotazione di sostanza organica riduce la fertilità fisica, chimica e biologica, andando a compromettere quella che è la funzionalità ottimale del suolo.

In questo quadro, l’impiego di compost può rappresentare una valida soluzione per contrastare la progressiva perdita di fertilità che si sta osservando in molti suoli italiani, con effetti positivi anche sulle rese vitivinicole, in particolar modo in quelle aziende che non adoperano pratiche agronomiche quali per esempio, l’inerbimento dell’interfila o l’utilizzo del sovescio.

Recenti studi hanno dimostrato che il compost, ed in particolare gli acidi umici in esso contenuti, possono favorire la proliferazione e lo sviluppo radicale, favorendo lo sviluppo della vegetazione e la resistenza a stress ambientali.

Altro aspetto positivo del compost è la cessione a medio e lungo termine degli elementi nutritivi, inclusi micronutrienti, fattore che può consentire alle aziende un risparmio considerevole sui costi di concimazione.

Ulteriori vantaggi riguardano la riduzione dei fenomeni di compattamento e di erosione ed il miglioramento della struttura fisica e chimica del suolo. Un terreno caratterizzato da una buona struttura e porosità può, infatti, determinare un aumento della disponibilità e della capacità di assorbimento di acqua e di elementi nutritivi da parte delle piante.

Infine, è bene ricordare gli aspetti positivi sulla promozione dell’attività microbiologica del suolo: è ampiamente dimostrato come il compost abbia anche un effetto repressivo nei confronti di diversi patogeni terricoli, portando ad aumento delle rese e ad una riduzione del numero dei trattamenti fitosanitari. Al contempo, un buon ammendante compostato favorisce lo sviluppo nella rizosfera di diversi microrganismi utili, quali per esempio micorrize, Pseudomonas, Bacillus megaterium e Trichoderma.

In conclusione, è possibile affermare che l’utilizzo del compost in vigneto risponde pienamente al crescente interesse verso l’adozione di nuovi modelli viticoli sostenibili e a basso impatto ambientale. Il suo impiego consente, infatti, di ridurre l’utilizzo di fertilizzanti e altri input esterni, massimizzare il riciclo dei sottoprodotti della filiera agroalimentare e aumentare il potenziale produttivo del vigneto.

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Peronospora della vite. Come proteggere il vigneto con prodotti non convenzionali.

 

La peronospora (agente causale Plasmopara viticola) rappresenta una delle più importanti malattie della vite in Italia, con perdite di produzione, in alcuni annate, anche superiori al 70%.

La malattia si presenta, inizialmente, con sintomi riscontrabili sulla pagina superiore delle giovani foglie, con zone clorotiche e giallastre di circa 3 cm, che prendono il nome di macchie d’olio (Fig. 1). In corrispondenza delle zone decolorate, se le condizioni ambientali sono favorevoli, nella pagina inferiore della foglia si può osservare la comparsa di efflorescenze biancastre che rappresentano le strutture riproduttive del fungo (Fig. 2).
Con l’avanzare della malattia, le aree clorotiche possono imbrunirsi e necrotizzare e in caso di attacchi gravi di peronospora le piante possono andare in contro a filloptosi, ovvero alla caduta anticipata delle foglie.
A fine stagione sulle foglie vecchie le macchie risultano invece piccole (0,5-1 cm), di forma poligonale e delimitate dalle nervature ( “Peronospora a mosaico”).

 

Figura 1 Plasmopara viticola: macchie d’olio sulla pagina superiore delle foglie. Figura 2 Plasmopara Viticola: efflorescenze biancastre sulla pagina inferiore delle foglie.

Il fungo può attaccare anche i tralci erbacei, determinandone un accrescimento anomalo dei tessuti (rachide “a uncino” o a “S”) e la formazione di efflorescenze biancastre. Dai tralci erbacei l’infezione può raggiungere i grappoli, dove, dopo l’allegagione, il fungo può portare a due diverse sindromi che vengono comunemente chiamate marciume  grigio e marciume  bruno.

– Il marciume grigio si manifesta in primavera sui grappoli giovani che prendono una colorazione grigiastra dovuta alla fruttificazione del fungo attraverso gli stomi degli acini in formazione;

– Il marciume bruno, o peronospora larvata, è tipico delle estati fresche e piovose ed è caratterizzato dall’assenza di fruttificazioni fungine. Provoca sui grappoli più vecchi una colorazione brunastra con una progressiva perdita di turgore fino all’avvizzimento.

Questa malattia può influenzare negativamente sia la produzione dell’annata e di quelle a venire, sia la qualità del vino ottenuto da uve “peronosporate”. L’elevato numero di trattamenti necessari a limitare i danni di questa malattia, oltre a rappresentare un costo per le aziende, influiscono in modo negativo anche sulla sostenibilità ambientale. Per questo motivo, a livello europeo, sono state redatte norme che hanno imposto numerose restrizioni sull’utilizzo degli agrofarmaci, e molti prodotti fitosanitari, come i composti a base di rame, sono stati inseriti tra i candidati alla sostituzione.

Tra le soluzioni attualmente impiegabili, il rame continua a rappresentare uno dei prodotti di riferimento per la difesa della vite da peronospora, sia  in agricoltura biologica che in quella integrata.
Il 7 novembre 2018 è stato però approvato, a livello europeo, un regolamento che limita l’utilizzo del rame in vigneto per un massimo di 28 kg/ha su sette anni, vale a dire una media di 4 kg/ha anno (invece degli attuali 6) con possibilità di variare le dosi da un anno all’altro.

In questo quadro generale, è fondamentale effettuare una profonda revisione delle strategie di difesa, valutando l’attività nei confronti dei principali patogeni di prodotti alternativi ai fungicidi tradizionali.

A tal proposito, negli ultimi anni, AgriNew Tech, ha messo a punto un formulato a base di calcio (CALIFOL, AgriNew Tech) la cui efficacia è stata saggiata presso l’Università degli Studi di Torino.

In particolare, nella stagione 2018, in Piemonte, sono state condotte due prove sperimentali su varietà “Moscato” e “Nebbiolo” per valutare l’efficacia di CALIFOL nei confronti della peronospora, a confronto con altri prodotti quali induttori di resistenza, biostimolanti ed estratti vegetali.

Il formulato liquido a base di calcio (CALIFOL, AgriNew Tech) è stato posto a confronto con un testimone non trattato e due tesi trattate con prodotti commerciali di riferimento per la lotta alla peronospora secondo il protocollo sperimentale illustrato nella Tabella 1. Su un’ulteriore tesi è stato utilizzato CALIFOLin miscela con metiram fino all’allegagione e con idrossido di rame fino a chiusura dei trattamenti.  Per tutte le tesi, l’applicazione dei prodotti è cominciata a inizio maggio ed è proseguita fino all’invaiatura con una cadenza di 7-9 giorni, compatibilmente con le condizioni metereologiche.

Tabella 1. Prodotti saggiati e protocollo sperimentale utilizzato nelle prove di campo, 2017-2018.

 

Il 2018 è stata un’annata  favorevole al patogeno che ha portato alla completa defogliazione ed alla perdita del 67,7% degli acini nella prova su “Moscato” e del 53% su “Nebbiolo” nel testimone non trattato.

Il calcio (CALIFOL) ha dimostrato una buona efficacia nel contenimento della peronospora con una riduzione della percentuale di foglie colpite rispetto al testimone non trattato pari al 22,7% su “Moscato” e al 17,7% su “Nebbiolo” e una riduzione della superficie attaccata rispettivamente del 46,5% e 47,7% (Fig. 3 e Fig 4). Utilizzato in miscela, CALIFOLha dimostrato la migliore efficacia, con valori paragonabili a quelli ottenuti con i trattamenti fungicidi di riferimento per il controllo di Plasmopara viticola: -58,0% (“Moscato”) e -72,2% (“Nebbiolo”) della percentuale di foglie colpite e -70,8% (“Moscato”) e -74,6%(“Nebbiolo”) della superficie attaccata da peronospora rispetto al testimone non trattato.

 

Figura 3 Efficacia dei trattamenti contro Plasmopara viticola. Percentuale di foglie colpite. Valori seguiti dalla medesima lettera non differiscono significativamente secondo il test di Tukey’s HSD (P<0,05).

 

Figura 4 Efficacia dei trattamenti contro Plasmopara viticola. Superficie fogliare colpita (%). Valori seguiti dalla medesima lettera non differiscono significativamente secondo il test di Tukey’s HSD (P<0,05).

Significativa è stata anche l’azione del calcio (CALIFOL)  nel ridurre l’attacco di peronospora sui grappoli (Fig. 5 e Fig. 6). La percentuale di grappoli colpiti da peronospora si è ridotta del 27,8% su “Moscato” e del 30,1% su “Nebbiolo” mentre la percentuale di acini del 33,6% e 32,5% rispettivamente.
Anche in questo caso, il CALIFOLutilizzato in miscela ha avuto un’efficacia pari a quella del trattamento fungicida di riferimento (metiram + idrossido di calcio): su “Moscato” si è osservata una riduzione del 70,5% di grappoli colpiti e del 53,3% di acini attaccati rispetto al testimone non trattato, mentre su “Nebbiolo” del 70,7% e 45,3% rispettivamente.

Figura 5 Efficacia dei trattamenti contro Plasmopara viticola. Percentuale di grappoli colpiti (%). Valori seguiti dalla medesima lettera non differiscono significativamente secondo il test di Tukey’s HSD (P<0,05).

 

Figura 6 Efficacia dei trattamenti contro Plasmopara viticola. Percentuale di acini colpiti (%). Valori seguiti dalla medesima lettera non differiscono significativamente secondo il test di Tukey’s HSD (P<0,05).

In conclusione, è possibile affermare come, anche in una stagione decisamente favorevole allo sviluppo di Plasmopara viticola, l’utilizzo del calcio (CALIFOL) possa rappresentare una valida alternativa ai mezzi fitosanitari normalmente utilizzati in vigneto, con un’efficacia nel contenimento della malattia, in alcuni casi,  anche superiore a quella dello zolfo. Altri vantaggi sono inoltre la possibilità di applicare Califol per tutto il ciclo colturale, fino alla raccolta, non lasciando residui di fitosanitari, oltre ad essere utile, qualora applicato integrato a fungicidi di sintesi, nel contrastare lo sviluppo di popolazioni di patogeni resistenti. Il prodotto è inoltre attivo anche contro il mal bianco della vite (Come combattere il mal bianco della vite utilizzando strategie alternative), pertanto un’applicazione integrata a fungicidi quali metiram e rame garantisce una protezione completa della coltura.

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Come combattere il mal bianco della vite utilizzando strategie alternative

Una delle più importanti malattie della vite è senza dubbio l’oidio causato da Erysiphe (Uncinula) necatrix, la cui diffusione sta nettamente aumentando in tutte le principali aree viticole italiane anche a causa dell’andamento climatico degli ultimi anni (temperature elevate per periodi prolungati, umidità atmosferica alta e riduzione della piovosità).

L’oidio può infettare tutti gli organi verdi della vite causando i danni maggiori sulle infiorescenze, sui grappoli e sui singoli acini. I primi sintomi visibili sulle foglie consistono in piccole macchie giallastre traslucide che, col tempo, possono interessare totalmente o in parte la superficie fogliare; in corrispondenza di tali sintomi la foglia viene ricoperta dal caratteristico micelio fungino di colore bianco-grigiastro. Per quanto riguarda, invece, gli acini, quelli colonizzati precocemente rimangono di piccole dimensioni e vengono ricoperti dalla caratteristica efflorescenza bianco-grigiastra che emana un forte odore di muffa.

Figura 1 – Oidio su foglia su viti in vaso.

Figure 1 – Powdery mildew on leafs on potted vines.

Figura 2 – Forte attacco di oidio su grappolo.

Figure 2 – Severe attack of powdery mildew on a bunch.

Le restrizioni d’uso poste dalla regolamentazione europea sugli agrofarmici e le norme dettate dalla Direttiva 2009/128/CE del 21 ottobre 2009, inoltre, hanno progressivamente ridotto la disponibilità di principi attivi dotati di buona attività nei confronti del patogeno. Questi fattori impongono una revisione delle strategie, che punti al miglioramento della sostenibilità della difesa, valutando l’attività nei confronti del fungo di prodotti alternativi ai fungicidi tradizionali.

A tal proposito sono stati condotti alcuni studi da parte dell’Università di Torino, presso un vigneto della varietà “Moscato” (una prova nel 2016 e una nel 2017) e con piante allevate in vaso, al fine di valutare l’efficacia contro oidio di due differenti strategie di intervento nelle quali è stato utilizzato un concime fogliare a base di ossido di calcio, il CALIFOL®, prodotto da AgriNewTech srl.

Nelle prove in vaso, le piante sono state trattate due volte, prima dell’inoculazione artificiale, per indurre l’attivazione dei meccanismi di resistenza e poi inoculate con una sospensione di 1×105 conidi/mL del patogeno. Dopo l’inoculazione sono stati effettuati quattro trattamenti, per valutare l’azione di Califol, a confronto con trattamenti a base di zolfo.  Il prodotto CALIFOL®ha ridotto significativamente la malattia, con un’efficacia del 72% nella prima prova e del 65% nella seconda, analogo a quella ottenuto con zolfo.

Nelle prove in vigneto, i trattamenti sono iniziati poco dopo il germogliamento e sono andati avanti fino all’invaiatura. Le strategie utilizzate hanno fornito ottimi risultati nel contenimento della malattia sia su foglia sia su grappolo. Nella prova effettuta nel 2016 il CALIFOL® ha ridotto del 68% su foglia e del 58% su grappolo la diffusione dell’oidio, rispetto a quanto osservato sulle piante non trattate, mentre l’efficacia sull’incidenza della malattia è stata rispettivamente del 99 e del 48%. Tali dati sono risultati analoghi a quelli ottenuti con i trattamenti a base di zolfo nel contenere la malattia su foglia e grappolo (riduzione del 68%), mentre si è assistito ad una differenza per quanto riguarda la riduzione dell’incidenza della malattia che è stata rispettivamente del 90 e dell’88%. Nel 2017 il CALIFOL® ha ridotto del 40% su foglia e del 27% su grappolo, rispetto alle piante non trattate, la diffusione, mentre l’efficacia sull’incidenza della malattia è stata rispettivamente dell’87 e del 75%. In questo caso l’efficacia del CALIFOL® è risultata inferiore rispetto allo zolfo, il quale ha ridotto del 73% la presenza del fungo su foglia e del 54% su grappolo e ha ridotto l’incidenza della malattia rispettivamente del 97 e dell’80%.

Nonostante sia stata riscontrata un’efficacia più bassa nelle prove in vigneto del 2017, da tali risultati si può comunque evincere come l’utilizzo di strategie alternative, quali una concimazione a base di calcio con il prodotto CALIFOL®, permette di rafforzare la vite e di conseguenza ridurre lo sviluppo di malattie come il mal bianco. Per scoprire le caratteristiche specifiche, le dosi e le modalità di impiego di tale prodotto, scaricate la scheda tecnica dal nostro sito.

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Mal dell’esca e acinellature dei grappoli: un’unica soluzione nei concimi organici alternativi

Avere un vitigno in salute che produca uva di qualità è una condizione imprescindibile per ottenere buone produzioni e potersi inserire nei mercati migliori. I viticoltori ben sanno che le fitopatie e i difetti che colpiscono la vite e il grappolo possono pregiudicare non poco le rese e di conseguenza i ricavi per l’azienda.

Una malattia del legno epidemica come il “mal dell’esca”, la quale causa il deperimento della pianta, o il fenomeno dell’acinellatura, che comporta perdite di produzione, sono problematiche molto importanti in viticoltura.  Continue reading “Mal dell’esca e acinellature dei grappoli: un’unica soluzione nei concimi organici alternativi”

Il sangue di bue può aiutarti davvero? Vediamo qualche dato

Nello scorso articolo ti abbiamo parlato del sangue di bue, di come può esserti utile e ti abbiamo messo in guardia dal verificare che i prodotti che compri a base di sangue di bue lo contengano veramente (e non soltanto una piccola percentuale più urea).

In questo articolo vogliamo farti vedere invece uno studio che ha utilizzato un sangue di bue al 100% ed i risultati che ha prodotto. Continue reading “Il sangue di bue può aiutarti davvero? Vediamo qualche dato”

Come il sangue di bue può aiutarti a produrre un vino davvero sostenibile

Oggi parliamo del conosciutissimo “sangue di bue” e di come questo concime di origine ematica può aiutarti a produrre un vino davvero sostenibile.

Chissà quante volte ne hai sentito parlare o lo hai usato suoi tuoi campi pensando di fare una concimazione naturale.

C’è un però.

Non so se lo sai, magari si, ma quello che ti viene venduto per “sangue di bue” in realtà di sangue ne contiene ben poco, il minimo richiesto dalla legge per chiamarsi tale. Il resto, nella maggior parte dei casi è urea.

In commercio ci sono decine e decine di questi prodotti, liquidi e granulati, ma davvero pochissimi possono dirsi sangue di bue al 100%. Continue reading “Come il sangue di bue può aiutarti a produrre un vino davvero sostenibile”